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La
voce narrante nei documentari
Speaker e speakeraggi di documentari. Le origini
e il voiceover moderno.
L'importanza della voce fuori campo. |
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Il documentario
nacque come film destinato ad illustrare
alcuni aspetti della realtà, soprattutto a fini di
istruzione o di documentazione di avvenimenti o di
propaganda. Questi film
furono originariamente girati in pellicola, l'unico mezzo
allora disponibile. In epoca moderna l'avvento della
televisione, del video e dei mezzi digitali ne hanno
favorito la produzione e la fruizione, cambiandone però anche in
parte gli stilemi narrativi.
La parola documentario (documentary in inglese) fu coniata
dal documentarista scozzese John Grierson nel 1926 che intuì
l'interesse e la forza narrativa di una forma
cinematografica in grado di portare sullo schermo la vita
reale. Secondo il documentarista il cinema serve per
osservare la vita mentre si svolge e l'attore e la scena
'originali' sono le guide migliori per interpretare il mondo
moderno, rispetto ai loro omologhi di fiction.
Nella storia del documentario determinante fu l'avvento del
cinema-verità introdotto negli anni 60 con l' uso di
macchine da ripresa diventate finalmente portatili che ha
consentito un rapporto più intimo tra regista e soggetto,
sfumato, in alcuni casi, in vera e propria narrativa.
Anche se i documentari hanno subìto un incremento con la
crescente popolarità del genere e l'avvento del dvd prima e
di altre forme di diffusione elettronica e del Web poi, il
finanziamento per la produzione di film documentari resta
tuttora sfuggente. Negli ultimi anni le maggiori opportunità per i
documentaristi sono emerse all'interno del mercato
broadcast, rendendo però i registi spesso piegati ai gusti
ed alle influenze delle emittenti che sono diventate la loro
più grande fonte di finanziamento. Tanto che alcuni
documentari moderni realizzano una certa sovrapposizione con
forme di 'reality' tipiche della televisione virando verso
il fittizio e la messa in scena.
Un altro filone fiorente è stato quello dei documentari
finanziati da enti ed istituzioni su temi di promozione
istituzionale o territoriale (quando non di vera e propria
propaganda politica), ma, con l'avvento della crisi, il
settore ha subìto drastici
ridimensionamenti.
Non c'è dubbio che la televisione, pur con tutti i suoi
limiti, costituisce oggi il maggiore fattore di sviluppo del
documentario moderno e ne ha fatto una delle più diffuse
forme di intrattenimento. Basti pensare agli splendidi
documentari naturalistici prodotti proprio per la
televisione dalla BBC o dal National
Geographic.
Le piccole videocamere digitali moderne ed i sistemi di
editing basati su personal computer, insieme al calo dei
prezzi delle apparecchiature, hanno poi dato
nuove opportunità a quei documentaristi e videomaker che non
possono contare sull'appoggio di grosse produzioni, rendendo più
facile ed economica la realizzazione delle loro opere,
diventate spesso più originali, intimiste o di denuncia
sociale. Il primo documentario a trarre vantaggio da questo
cambiamento di registro è stato 'Voices of Iraq' di Martin Kunert ed
Eric Manes, che inviarono 150 piccole videocamere in Iraq,
distribuendole agli iracheni per registrare la loro vita
durante la drammatiche fasi della guerra, ricavandone così
un documento di altissima valenza storica e narrativa.
Fin dalle origini la presenza di
una voce narrante fuori campo nel documentario (in inglese voice-over) si è rivelata essenziale.
Si è calcolato che una buona voce narrante riesca a
coinvolgere lo spettatore nella misura di oltre il 45 per
cento, mentre la restante parte è ovviamente svolta dalle
immagini e dalla musica. Questo in altri termini significa
che la mancanza di una buona voce nella narrazione svaluta
l'intera opera di quasi la metà.
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